Valute virtuali (bitcoin)

La «valuta virtuale» è definita dall’articolo 1, comma 2, lettera qq) del D.Lgs 231/2007, come «la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta con corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».


La definizione corrisponde a quella della Financial action task force (Fatf) nel documento «Virtual currencies key definitions ad potential Aml/Cft risks» del giugno 2014 e dell’European Bank Autority (Eba), «Opinion on “’virtual currencies”» del luglio 2014.

 

La «convertibilità» delle valute virtuali non è «d’ufficio», la valuta virtuale è «convertibile» solo fino a quando vi siano soggetti che la accettano come mezzo di pagamento, o in cambio di valuta a corso legale, non essendo la «convertibilità» garantita dalla legge.

Banca d'Italia: «le valute virtuali non devono per legge essere obbligatoriamente accettate per l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie, ma possono essere utilizzate per acquistare beni o servizi solo se il venditore è disponibile ad accettarle».


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