Decreto Fiscalità internazionale – 2 La fiscalità delle controllate estere
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 04/01/2024
Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 04/01/2024
Le novità in materia di tassazione delle controlled foreign companies, nell’ottica di semplificazione e di coordinamento con le disposizioni di implementazione del Pillar Two
Il decreto legislativo n. 209, attuativo della legge n. 111/2023 (la delega fiscale) ha recepito la direttiva n. 2022/Ue/2523 (riforma dei “Pillars” elaborata dal G20 dell’Ocse) sulla global minimum tax, che si pone quale fine ultimo l’implementazione, in tutte le giurisdizioni in cui operano, di meccanismi volti a garantire un’imposizione minima per le grandi imprese multinazionali.
L’iniziativa introduce un sistema coordinato di regole rivolte ai grandi gruppi multinazionali finalizzate ad assicurare che gli stessi scontino un livello impositivo minimo di almeno il 15 per cento, in relazione ai redditi prodotti in ogni Paese in cui operano, attraverso l’introduzione di regole sull’imposizione integrativa.
In ambito comunitario, gli Stati membri sono tenuti a recepire la citata direttiva entro la fine del 2023 così da applicarla a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Le novità in materia di società estere controllate
Il recepimento della direttiva sull’imposizione minima globale determina, inevitabilmente, effetti sulle disposizioni interne relative alla fiscalità internazionale, con la necessità di coordinare le disposizioni tributarie attualmente vigenti con detto nuovo meccanismo di imposizione.
In tale ambito, il decreto delegato interviene a innovare una serie di disposizioni domestiche in materia di fiscalità internazionale, tra le quali quelle disciplinanti il regime delle controlled foreign companies (Cfc), di cui all’articolo 167 del Tuir.
Il decreto attua, in particolare, la previsione della legge delega di cui all’articolo 3, comma 1, lett. f), circa la revisione dei criteri di determinazione dell’imponibile assoggettato a tassazione in Italia, sia al fine di semplificare e razionalizzare la Cfc rule, sia al fine di coordinare la stessa con quella relativa all’introduzione della global minimum tax nell’ambito dell’iniziativa sul Pillar Two (di cui alla precedente lett. e) del medesimo comma 1).
La nuova disciplina è applicabile a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di approvazione del decreto.
Al fine di meglio comprendere la portata innovativa delle nuove disposizioni, è utile ripercorrere l’attuale disciplina applicabile in materia di società controllate estere.
L’articolo 167 del Tuir è stato da ultimo modificato dall’articolo 4 del Dlgs n. 142/2018, in attuazione della direttiva Atad (direttiva 2016/1164/Ue), emanata nell’ambito dell’Anti tax avoidance package) varato dalla Commissione europea, e della direttiva Atad 2 (direttiva 2017/952/Ue, di modifica della Atad).
Il citato articolo 167 del Tuir prevede, in sintesi, l’imputazione per trasparenza (e dunque indipendentemente dall’effettiva percezione), al soggetto residente, di tutti i redditi del soggetto controllato non residente localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da passive income.
In particolare, il comma 4 dell’articolo elenca le condizioni al ricorrere delle quali si applica la Cfc rule.
La prima condizione – recata dalla lettera a) del comma 4 in questione, nella sua formulazione vigente sino alle modifiche in commento – prevede che la Cfc rule si applichi laddove il livello di tassazione effettiva, che il soggetto controllato non residente sconta nel Paese di localizzazione, è inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato assoggetto qualora fosse stato residente in Italia.
Detta condizione implica, pertanto, che il soggetto controllante residente operi un confronto tra il tax rate effettivo estero e il tax rate virtuale interno, sulla base di criteri che sono stati definiti dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 dicembre 2021.
La seconda condizione – di cui alla lettera b) del comma 4 – impone di verificare se il soggetto controllato non residente consegua oltre un terzo del proprio reddito attraverso i “passive income” elencati nella medesima disposizione.
Entrambe le condizioni sopra menzionate devono ricorrere congiuntamente in capo al soggetto controllato non residente, affinché possa applicarsi la Cfc rule.
Venendo alle modifiche introdotte dalla legge delega, l’articolo 3 del decreto attuativo, rubricato “Semplificazione della disciplina delle società estere controllate”, interviene modificando in particolare la condizione prevista dalla lettera a) del comma 4 dell’articolo 167 del Tuir, per l’applicazione della disciplina Cfc.
La novellata lettera a) prevede in primis, che il regime si applichi ai soggetti controllati non residenti che, congiuntamente alla condizione di cui alla lettera b), “sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento”.
Viene, quindi, meno il confronto con la tassazione effettiva domestica ridotta alla metà, mentre il calcolo del livello di tassazione effettiva è ancorato alla disciplina della global minimum tax, nella misura in cui le modifiche in esame definiscono congrua un’aliquota di tassazione effettiva non inferiore al 15% (soglia di imposizione minima prevista dalla direttiva per i gruppi di imprese multinazionali).
Ancora, la modificata disposizione chiarisce che la tassazione effettiva estera è data dal “rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio”.
Dal momento che la verifica del soddisfacimento della condizione relativa al livello minimo di tassazione effettiva è ora fondata sui dati risultanti dai bilanci, è necessario, a tal fine, che il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti sia “oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato”.
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