La stabile organizzazione (digitale) dal modello Ocse al nostro Tuir

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 14/05/2021

Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 14/05/2021


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Individuazione di quella “digitale”, che per il legislatore italiano ricorrerebbe pur in assenza dei requisiti classici previsti dalle disposizioni internazionali


La stabile organizzazione nella tipologia materiale e in quella personale, a cui si affianca la digitale, di recente introduzione.

La materiale viene, generalmente, intesa come preordinata a quella personale, va prima investigata la sua eventuale esistenza che, ove integrata, assorbirebbe l’eventuale presenza di un agente dipendente.
I presupposti necessari per la qualificazione di una stabile organizzazione del tipo materiale, rappresentativi dei passaggi logici da effettuare per indagarne la presenza sono: l’esistenza di una sede fissa d’affari a disposizione dell’impresa estera – caratterizzata da fissità e permanenza – e il fatto che l’impresa estera svolga, in tutto o in parte, la propria attività per mezzo di tale sede d’affari.
Ciò che rileva, in relazione all’elemento della “sede d’affari” sarebbe il semplice fatto che la società estera abbia a disposizione un certo spazio fisico, a prescindere dal titolo giuridico sulla base del quale ne dispone.
Quanto alla fissità, essa va intesa sia in senso spaziale che temporale. Infine, strumentale a contrassegnare una base fissa quale stabile organizzazione, è la circostanza indefettibile che essa sia utilizzata per lo svolgimento (in tutto o in parte) del business dell'impresa che da questa stessa promana. Sarebbe, quindi, pure possibile il caso di un'impresa estera che mantenga una sede fissa, ciononostante non integrante una stabile organizzazione materiale, per carenza di tale ultimo requisito.
La norma domestica e quella internazionale recano un elenco di installazioni costituenti, prima facie, una stabile organizzazione materiale. Gran parte della dottrina ritiene che anche in tali casi vadano indagati i requisiti canonici.
Sia l'articolo 162 del Tuir che il modello Ocse prevedono, inoltre, un'ipotesi espressa di attività definite “preparatorie o ausiliarie”, ritenute ex lege, non integranti una stabile organizzazione e, pertanto, escluse.

Riguardo a quella personale vale il principio per cui un’impresa estera configurerebbe una stabile organizzazione personale, qualora una persona (fisica o giuridica) agisca abitualmente per essa, ai fini della conclusione di contratti, anche in assenza di una sede fissa, intesa secondo le regole della stabile organizzazione materiale. Il requisito della “sede d'affari fissa” verrebbe sostituito, dunque, dalla “abituale” conclusione di contratti.
Il legislatore interno ha inteso escludere, a differenza di quanto previsto a livello internazionale, l'esistenza di una stabile organizzazione personale, nel caso in cui l'agente concluda contratti in nome dell'impresa estera per l'acquisto di beni, senza quindi tollerare le attività di carattere ausiliario o preparatorio. Di analogo tenore sono quasi tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall'Italia.
Varrebbero, inoltre, tutte le ipotesi in cui si vincoli di fatto il preponente alle clausole negoziali predisposte nel corso della trattativa dall’agente, a prescindere da chi formalmente sottoscriva il contratto e dunque in assenza di un contratto concluso letteralmente spendendo il nome dell'impresa estera.
Vale la pena rammentare che l’action 7 del Beps ha previsto modifiche in tal senso, all'attuale definizione di stabile organizzazione personale contenuta nel modello Ocse. Tuttavia l'Italia, al momento della sottoscrizione dello strumento multilaterale, ha depositato una lista di riserve che ne escludono l’applicabilità.
Si tratta di una lista di riserve provvisorie, anche eventualmente destinate a cadere alla luce delle modifiche apportate all’articolo 162. L’effetto al momento è che, in virtù della prevalenza della norma convenzionale, le modifiche all’articolo 162, si renderanno applicabili solo ai Paesi con cui l’Italia non ha stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni, mentre per gli Stati convenzionati le novità introdotte dall’action 7 troveranno applicazione nei limiti della effettiva operatività delle stesse, in ragione delle riserve.

La stabile organizzazione immateriale è prevista dalla lettera f-bis) dell’articolo 162 del Tuir.

Tale nuovo caso riguarda le imprese non residenti caratterizzate da una “significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso”.
L’ipotesi considerata dal legislatore italiano ricorrerebbe pur in assenza dei requisiti classici previsti dal modello Ocse, ponendosi in discontinuità con la nozione di stabile organizzazione confluita nella rete dei trattati internazionali.
La novella domestica risponde alle numerose istanze di revisione della nozione convenzionale di stabile organizzazione e delle regole di attribuzione alla stessa dei profitti o perdite, inadatte a intercettare il fenomeno economico delle imprese non residenti che operano in modo digitale, codificato anche a livello internazionale nell’action 1 del Beps.

Nel vagliare le possibili soluzioni, il citato report affronta anche la previsione di un nuovo nexus basato sul concetto di presenza economica significativa. Poiché, tuttavia, l’adozione di questa soluzione comporterebbe cambiamenti rilevanti ai pilastri della fiscalità internazionalmente condivisi, il report non raccomanda di procedere unilateralmente in tal senso.

Sulla stessa linea, si pone anche la Commissione Ue.
La nuova ipotesi di significativa presenza economica, introdotta dal legislatore italiano, sembra dunque coerente con i lavori in corso a livello internazionale.

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