Aggiustamenti di fine anno infragruppo al vaglio del transfer pricing

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 01/08/2025

Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Agenzia Entrate del 01/08/2025


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Stabile organizzazione italiana di una società belga che storna 638.300 euro al 31 dicembre a titolo di "adeguamento della redditività della branch ai valori di mercato".


Con l'Ordinanza n. 18714 del 10 luglio 2025, la Suprema Corte cassa con rinvio la decisione di merito, ribadendo i principi sull'onere probatorio a carico del contribuente e le conseguenze della mancata produzione documentale in sede di verifica.

La vicenda giudiziaria
La controversia trae origine da un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della stabile organizzazione italiana di una società di diritto belga.

A seguito di controlli, i funzionari dell'amministrazione finanziaria rilevavano uno storno contabile di 638.300 euro, operato dalla società al 31 dicembre 2015 a titolo di "adeguamento della redditività della branch ai valori di mercato".

Con formale verbale, l'Ufficio richiedeva alla contribuente di fornire la documentazione giustificativa a supporto di tale operazione.

In assenza di elementi giustificativi, l'Agenzia delle Entrate procedeva a recuperare a tassazione l'intero importo, contestando la violazione dell'art. 110, comma 7, del Dpr n. 917/1986 (Tuir) in materia di prezzi di trasferimento (transfer pricing). Venivano pertanto accertate una maggiore Ires per 175.532 euro e una maggiore Irap per  24.893 euro, oltre a sanzioni e interessi, per l'anno d'imposta 2015.

Il percorso processuale vedeva un esito altalenante nei gradi di merito:

  • la Commissione tributaria provinciale di Milano respingeva il ricorso della società, avallando la tesi dell'Ufficio
  • la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in sede di appello, riformava la decisione di primo grado, accogliendo le ragioni della contribuente.

Avverso quest'ultima sentenza, l'Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi di diritto, cui la società resisteva con controricorso.

Contesto normativo
Il fulcro giuridico della vicenda risiede nella disciplina del transfer pricing, contenuta nell'art. 110, comma 7, del Tuir.

Tale normativa è preordinata a governare le transazioni economiche tra imprese associate e residenti in Stati differenti, al fine di evitare trasferimenti di base imponibile verso giurisdizioni a fiscalità privilegiata.

La Suprema Ccrte, nel corso della sua disamina, offre un'importante delucidazione sulla natura di tale istituto. Citando propri precedenti (Cass. n. 28335/2018), chiarisce che la normativa sul transfer pricing non ha una funzione prettamente antielusiva, bensì è finalizzata alla repressione del fenomeno in sé considerato, ossia lo spostamento di imponibile fiscale.

Più recentemente, la Corte ha definito il carattere "neutrale" dell'istituto, la cui funzione preminente è quella di assicurare una "corretta allocazione del reddito" tra le diverse entità del gruppo (Cass. n. 19512/2024).

Un aspetto cruciale, posto al centro della decisione in commento, è la ripartizione dell'onere della prova. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale:

  1. l'Amministrazione Finanziaria ha l'onere di dimostrare l'esistenza di transazioni tra imprese collegate a un prezzo che appaia prima facie inferiore (o superiore, a seconda dei casi) a quello "normale" di mercato. Non è tenuta a provare il concreto vantaggio fiscale o l'intento elusivo
  2. il Contribuente, in base alle ordinarie regole di vicinanza della prova (art. 2697 c.c.), ha l'onere di dimostrare che le transazioni sono invece avvenute a valori di mercato, considerati "normali" ai sensi dell'art. 9, comma 3, del Tuir.

 

La decisione nella sentenza
La Corte di cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate, ritenendo assorbito il secondo.

Il motivo accolto lamentava la nullità della sentenza della Ctr per violazione dell'art. 115 c.p.c., in quanto il giudice di merito aveva fondato la propria decisione su un presupposto fattuale errato.

La Ctr aveva infatti asserito che l'Ufficio non avesse sollevato contestazioni specifiche sulla policy di gruppo o sulla congruità della remunerazione della filiale, implicitamente confermandone la validità.

La Suprema corte definisce tali affermazioni come prive di riscontro negli atti e "gravemente omissive".

Al contrario, emergeva pacificamente che:

  • l'Agenzia aveva contestato l'operazione sin dalla fase amministrativa.
  • era stata formalmente richiesta documentazione giustificativa dello storno, ma la società aveva dichiarato di non averne altra da produrre.
  • la contribuente non aveva fornito alcuna argomentazione atta a giustificare né la determinazione quantitativa dello storno né gli aspetti qualitativi dell'operazione.

 

La Corte ha quindi ribadito che l'esistenza pacifica di un "aggiustamento" contabile, a fronte di una specifica richiesta di giustificazione rimasta inevasa, sposta interamente sul contribuente l'onere di dimostrare la correttezza e la rispondenza dell'operazione a logiche di mercato.

Infine, la Corte ha enunciato un principio di fondamentale importanza procedurale. Nel rinviare la causa al giudice di merito, ha specificato che questi dovrà tenere conto delle eventuali preclusioni probatorie a carico della contribuente. Ai sensi dell'art. 32 del Dpr n. 600/1973, la mancata esibizione di documenti in sede di verifica amministrativa ne comporta, di regola, l'inutilizzabilità nel successivo giudizio, salvo che il contribuente dimostri di non aver potuto adempiere per causa a lui non imputabile.

Per tali ragioni, la pronuncia impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia alla luce dei principi enunciati.

Conclusione
La Suprema Corte, con estrema chiarezza, riafferma che gli aggiustamenti di fine anno infragruppo non possono essere presunzioni auto-evidenti di corretta applicazione del principio di libera concorrenza.

Essi costituiscono operazioni che, se contestate, devono essere supportate da una robusta e tempestiva documentazione probatoria.

La decisione sottolinea due profili di particolare rilevanza:

  1. L'onere probatorio: in materia di transfer pricing, una volta che l'Amministrazione ha identificato una transazione a valori anomali, spetta alla società dimostrarne la congruità con dati, analisi e documenti concreti.
  2. La lealtà procedimentale: la fase di verifica amministrativa assume un'importanza cruciale. L'omessa o reticente collaborazione con gli organi ispettivi, in particolare la mancata produzione di documenti richiesti, può comportare una sanzione processuale gravissima, quale l'inutilizzabilità di tali prove in sede contenziosa, pregiudicando irrimediabilmente l'esito della lite.
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