Atto formato per corrispondenza tassabile se enunciato

[Interessante]

  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 31/01/2020

Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Agenzia Entrate del 31/01/2020


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Registrazione di verbale societario con riferimento a precedente finanziamento formato per corrispondenza.


Corte di cassazione con l’ordinanza n. 32516 del 12 dicembre 2019.
 
Nel caso esaminato, l’atto enunciato era un finanziamento concesso da una società nei confronti di un’altra società. L’atto non era stato registrato, in quanto era stato formato mediante corrispondenza.
In genere, si parla di “atti formati per corrispondenza” per indicare quegli atti che non sono sottoscritti contestualmente dalle parti, ma sono formati mediante lo scambio della proposta e dell’accettazione. Questa modalità di conclusione del contratto implica una duplice spedizione, dal proponente al destinatario e viceversa. Le rispettive sottoscrizioni possono essere apposte sullo stesso documento oppure su due documenti distinti (proposta e accettazione).
 
Il fondamento civilistico degli atti formati mediante corrispondenza è ravvisato negli articoli 1326 e 1335 del codice civile. In base al primo comma dell’articolo 1326, il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. L’articolo 1335, invece, dispone che la proposta e l’accettazione si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, sempreché questi non provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
 
Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, per gli atti formati per corrispondenza, bisogna considerare soprattutto l’articolo 1 della tariffa, parte seconda, allegata al citato Dpr n. 131/1986.
Questa disposizione prevede che, alcuni atti, per i quali, in generale, è prevista la registrazione in termine fisso, qualora siano formati mediante corrispondenza, sono da registrare soltanto in caso d’uso, ovvero soltanto se si verificano le condizioni indicate nell’articolo 6 del citato Dpr n. 131/1986 (deposito dell’atto presso le cancellerie giudiziarie nell’esercizio di attività amministrativa o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali, e i rispettivi organi di controllo).
 
Si tratta, in particolare, degli atti indicati negli articoli 2, comma 1 (trasferimenti di diritti reali su beni mobili diversi dalle unità da diporto), 3 (atti di natura dichiarativa), 6 (cessioni di crediti, compensazioni, remissione di debiti, garanzie reali e personali), 9 (atti aventi a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale diversi da quelli indicati nella prima parte della tariffa allegata al Dpr n. 131/1986) e 10 (contratti preliminari) della stessa tariffa, parte prima.
Il beneficio della registrazione in caso d’uso, però, non riguarda gli atti per i quali il codice civile richiede, a pena di nullità, la forma scritta e gli atti relativi a cessioni di aziende o alla costituzione di diritti di godimento reali o personali su aziende.
 
Disponendo la registrazione solo in caso d'uso, il legislatore ha voluto favorire i traffici commerciali, escludendo l'obbligo della registrazione per le operazioni concluse con le modalità sopra indicate.
 
Sulla base del citato articolo 1 della tariffa parte seconda, le società coinvolte nell’operazione di finanziamento non avevano, legittimamente, registrato l’atto considerato che i contratti di finanziamento sono regolati dall’articolo 9 della tariffa parte prima e, quindi, se formati per corrispondenza, godono del beneficio della registrazione solo in caso d’uso.
 
Il problema, dal punto di vista fiscale, è sorto quando, successivamente, è stato registrato un verbale societario di una delle due società coinvolte nel finanziamento. Nel testo del verbale veniva enunciato il finanziamento precedentemente formato per corrispondenza.

Al riguardo occorre richiamare l’articolo 22 del Dpr n. 131/1986. Questa disposizione prevede che se in un atto, sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute all’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate.

Per effetto di tale norma, l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate presso il quale è stato registrato il verbale societario, ha notificato un avviso di liquidazione richiedendo l’imposta per il finanziamento concluso per corrispondenza.
A seguito del ricorso presentato da una delle due società coinvolte, la Ctp di Roma, con la sentenza n. 2031/57/2016 ha accolto le osservazioni delle parti, in considerazione del fatto che l’atto enunciato (finanziamento concluso per corrispondenza) non era soggetto a registrazione in termine fisso.
 
In secondo grado, invece, la Ctr del Lazio, con la sentenza n. 148 dell’11 gennaio 2018, richiamando l’orientamento della Corte di cassazione espresso con le sentenze nn. 22243/2015, 6585/2008 e 5946/2007 ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificato dall’ufficio.
In particolare, ha evidenziato che, sulla base del citato articolo 22 del Tur, la tassazione delle disposizioni enunciate riguarda sia gli atti da registrare in termine fisso che gli atti da registrare in caso d’uso.
La sentenza di secondo grado, inoltre, ha affermato che il finanziamento enunciato costituiva un atto avente a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale e, trattandosi di un’operazione suscettibile di valutazione economica, ha ritenuto legittima la tassazione ai sensi del citato articolo 22.
La stessa sentenza della Ctr del Lazio ha evidenziato che una delle due società era posseduta al 100% dall’altra società coinvolta e che, quindi, i soci di quest’ultima erano anche soci dell’altra. Inoltre, il rappresentante legale di una società era rappresentante anche dell’altra, con conseguente sussistenza delle condizioni richieste dall’articolo 22 per la tassazione delle disposizioni enunciate.
 
Nello stesso senso si è espressa la Corte di cassazione con l’ordinanza in commento, con la quale si è rilevato che il finanziamento soci, già indicato tra le poste passive del bilancio, era stato enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale, con contestuale rinuncia del socio alla restituzione del finanziamento stesso.
 
La suprema Corte ha richiamato il proprio orientamento espresso dalle sentenze nn. 15585/2010, 17957/2013 e 22243/2015.

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