Disciplina fiscale dei trust, osservazioni entro il 30 settembre
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 12/08/2021
Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 12/08/2021
La circolare in consultazione fa il punto sulle novità normative relative ai redditi da tassare e sui riflessi prodotti dal recente orientamento della giurisprudenza di legittimità sulle imposte indirette
Diverse forme di trust e regime impositivo. I chiarimenti interpretativi dell’Agenzia delle entrate riguardano, in particolare, la disciplina delle attribuzioni da parte di trust opachi esteri stabiliti in Paesi con regimi fiscali privilegiati per i quali è stata introdotta una “presunzione relativa”, il recepimento delle pronunce di legittimità per le quali rileva l’effettivo incremento patrimoniale superando le precedenti indicazioni in tema di imposte indirette, gli obblighi sul monitoraggio fiscale alla luce delle nuove misure di recepimento della normativa comunitaria, le novità in tema di Ivie e Ivafe. Sono i punti ripercorsi dallo bozza di circolare, pubblicata oggi 11 agosto 2021, in consultazione fino al 30 settembre 2021, che fornisce chiarimenti sulla disciplina fiscale relativa ai trust ai fini delle imposte sul reddito e della imposizione indiretta.
Gli interessati potranno inviare osservazioni e proposte di modifica o di integrazione all’indirizzo e-mail dc.pflaenc.settoreconsulenza@agenziaentrate.it, ai fini di un eventuale recepimento nella versione definitiva della circolare.
L’Agenzia pubblicherà i contributi ricevuti per i quali non è stato espresso il diniego e provvederà quindi alla stesura definitiva della circolare.
Il Dl n. 124/2019 e le imposte dirette
Il documento di prassi sugli aspetti tributari del trust si è reso necessario, in primo luogo, a seguito dei recenti interventi da parte del legislatore in tema di imposizione diretta. In particolare, il Dl n. 124/2019 ha modificato la disciplina sull’imposizione delle “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia, provenienti da trust stabiliti in giurisdizioni che si considerano a fiscalità privilegiata.
Il legislatore in sostanza ha voluto fornire regole certe e chiare per l’imposizione delle “attribuzioni” da parte di trust opachi, ovvero quei trust senza beneficiari di reddito individuati, per evitare che la residenza fiscale del trust in un Paese con regime fiscale privilegiato, comporti una detassazione dei redditi attribuiti a soggetti italiani.
Il decreto, in particolare, ha previsto l’inclusione tra i redditi di capitale anche dei “redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73”.
Lo stesso decreto ha introdotto una “presunzione relativa” sulle attribuzioni, stabilendo che se “non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito”.
In base a tale misura, l’intero ammontare percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia qualora non emerga, da apposita documentazione contabile del trustee, la distinzione fra il “patrimonio”, comprensivo della dotazione iniziale e dei successivi trasferimenti a favore del trust, e il “reddito”, costituito dai proventi conseguiti dal trust, inclusi i redditi reinvestiti o capitalizzati nello stesso trust.
Per evitare l’applicazione di tale “presunzione relativa” il trustee deve distinguere tramite apposita contabilità analitica, che distingua la quota o attribuzione al trust riferibile al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari, dalla quota riferibile ai redditi realizzati di anno in anno, al netto di eventuali attribuzioni a favore dei beneficiari. In sostanza, sono da assoggettare a tassazione in Italia le attribuzioni percepite dai beneficiari per la parte riferibile al reddito prodotto dal trust, determinato secondo la normativa fiscale italiana, sulla base della distinzione, operata dal trustee, riscontrabile da apposta documentazione contabile. Se l’attribuzione riguarda una somma di denaro derivante dalla vendita di un bene che era stato conferito in trust dal disponente, per stabilire la quota da escludere dal reddito occorre far riferimento al costo o valore di acquisto del bene risultante dalla documentazione contabile.
I chiarimenti forniti con la circolare in tema di imposte dirette, quindi, riguardano in particolare le attribuzioni da parte di trust opachi esteri stabiliti in Paesi con regimi fiscali privilegiati. Il documento di prassi ricorda che in caso di “trust trasparenti”, il reddito è imputato per trasparenza ai beneficiari residenti ed è tassato in capo a questi come reddito di capitale ai fini Irpef. Nei trust opachi, posta l’assenza di un soggetto titolato a pretendere dal trustee l’assegnazione del reddito, lo stesso era ritenuto imponibile ai soli fini Ires in capo al trust.
Con riferimento all’individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, la circolare evidenzia che le disposizioni si applicano alla generalità dei trust opachi esteri stabiliti in Paesi in cui le modalità di imposizione dei trust (o la loro esenzione) configurino un regime di fiscalità privilegiata, senza escludere i Paesi dell’Ue. Inoltre, viene chiarito che per verificare se il Paese in cui è istituito il trust debba considerarsi a fiscalità privilegiata occorre far riferimento alla tassazione nominale, tenuto conto dell’assenza del requisito del controllo riferibile al trust.
La normativa e la prassi sulle imposte indirette
In tema di imposte indirette, il legislatore ha previsto l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche agli “atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e la costituzione di vincoli di destinazione” (articolo 2, commi da 47 a 49 Dl n. 262/2006). La legge finanziaria 2007 ha, inoltre, introdotto alcune franchigie ed esenzioni per il caso della costituzione del vincolo di destinazione disposto a favore dei discendenti avente ad oggetto aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (commi da 77 a 79). Infine, sono dovute le imposte ipotecaria e catastale, in misura proporzionale, rispettivamente per la formalità di trascrizione di atti aventi a oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per la voltura catastale degli stessi (Dlgs n. 347/1990). Tale normativa è stata chiarita e supportata dalla prassi, che ha precisato che:
- l’atto istitutivo del disponente è assoggettato a imposta di registro in misura fissa
- l’atto dispositivo, con cui il disponente vincola i beni in trust, è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale dell’8%, fatte salve le franchigie e le aliquote diverse
- il trasferimento dei beni ai beneficiari non realizza, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, un presupposto impositivo e l’eventuale incremento del patrimonio del trust non è soggetto alla medesima imposta, al momento della devoluzione
- sia l’attribuzione al trust di beni immobili o diritti reali immobiliari al momento della costituzione del vincolo, sia i trasferimenti effettuati durante il vincolo, sia il successivo trasferimento dei beni in caso di scioglimento, scontano le imposte ipocatastali in misura proporzionale.
Pronunce della Cassazione e riflessi sulle imposte indirette
Nella circolare in esame sono chiariti anche gli effetti sulla tassazione indiretta del trust, prodotti dal nuovo e ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità. In base a numerose pronunce della Cassazione, infatti, si può affermare che il “conferimento” di beni e diritti in trust, ai fini dell’applicazione della reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni, non dà luogo di per sé a un effettivo trasferimento di beni o diritti e, quindi, non comporta un arricchimento dei beneficiari. Secondo i giudici di legittimità, per la tassazione non è rilevante una generica “utilità economica” della quale il costituente dispone, ma l’effettivo incremento patrimoniale del beneficiario. La Corte di Cassazione, in una prima fase, ha condiviso la posizione interpretativa dell’Amministrazione finanziaria.
Ripercorrendo brevemente le pronunce di legittimità va rilevato che la Suprema corte, in tema di trust di garanzia, aveva riconosciuto legittima l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale all’atto del conferimento di beni e diritti in trust, affermando che detta imposta “è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale: l’imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli” (ordinanze n. 3735/2015, 3737/2015 e n. 3886/2015).
La Cassazione poi aveva spesso affermato la necessità di esaminare le questioni fiscali caso per caso, ritenendo che “un’indiscriminata imponibilità degli atti costitutivi di vincoli di destinazione non appare espressione di una ragionevole discrezionalità del legislatore” Corte Costituzionale. n. 4/1954 e n. 83/2015).
Altre pronunce, poi, rivedendo la posizione iniziale, avevano disposto, in sintesi, che l’unica imposta espressamente istituita è quella sulle successioni e sulle donazioni, valida anche per i vincoli di destinazione, per cui il presupposto della tassazione deve rimanere quello del reale arricchimento del beneficiario (Cassazione, sentenza n. 13626/2018). Infine, i giudici di legittimità hanno cambiato orientamento rispetto alla posizione inizialmente espressa. Di recente, infatti, la Corte di cassazione, ha più volte ribadito che essendo la “costituzione di vincoli di destinazione” assoggettata alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni, occorre tenere conto del presupposto della tassazione introdotto da legislatore (Dlgs n. 346/1990), che impone la sussistenza “del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari”, abbandonando quindi la tesi iniziale della creazione di un autonomo presupposto impositivo.
Il conferimento di beni e diritti in trust dunque non integra di per sé un trasferimento imponibile ma “rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento non già alla – indeterminata – nozione di ‘utilità economica, della quale il costituente, destinando, dispone’ (Cass. n. 3886/2015), ma a quella di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario” (Cassazione, ordinanze n. 24153/2020 e 24154/2020) .
Nuovi criteri sull’imponibilità delle “attribuzioni”
Alla luce del nuovo quadro giurisprudenziale, la circolare delinea nuovi criteri per l’applicazione delle imposte indirette, ritenendo superate le indicazioni fornite dalla precedente prassi. Nell’ambito dei trust residenti, l’imposta sulle successioni e donazioni è dovuta in seguito ai trasferimenti ai beneficiari del patrimonio vincolato in trust.
Più specificamente, con riferimento agli atti che generalmente interessano la vita di un trust, la circolare fornisce alcuni chiarimenti. L’”atto istitutivo del trust” se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro in misura fissa. Registro fisso anche per “l’atto di dotazione dei beni in trust”: in base al citato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, tale atto “non determina effetti traslativi perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso (trustee), che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un suo ri trasferimento ai beneficiari del trust” (Cassazione, sentenza n. 8082/2020).
Inoltre, il “Trasferimento dei beni ai beneficiari” realizza il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni in quanto determina un effettivo trasferimento di ricchezza, a differenza della “costituzione del vincolo di destinazione”.
Nell’ambito dei trust non residenti valgono le stesse regole. in presenza dei presupposti per l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecaria e catastale, gli atti di attribuzione di patrimonio eseguiti da trust esteri che risultano formati all’estero, sono soggetti ad obbligo di registrazione quando “comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato” (articolo 2, comma 1, lettera d) Dpr n. 131/1986). Altro obbligo di registrazione sussiste per “gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato” (articolo 55, comma 1-bis del Dlgs n. 346/1990).
L’Agenzia, quindi, ritiene che l’atto di costituzione dei beni in trust, formato all’estero, sconterà l’imposta in misura fissa trattandosi di una donazione definibile “a formazione progressiva” in cui il disponente arricchirà i beneficiari tramite i negozi giuridici attuati tramite il trustee.
Riguardo all’imposte di successioni e donazioni l’Agenzia ricorda la disposizione in base alla quale per le attribuzioni di trust esteri a beneficiari residenti in Italia, se non si può distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito (articolo 45, comma 4-quater del Tuir). Quindi, nel caso in cui il disponente del trust è residente in Italia, per gli atti di attribuzione di patrimonio è prevista l’imposta proporzionale sulle successioni e donazioni, anche se i beni patrimoniali trasferiti siano esistenti all’estero. Se, invece, il disponente del trust non è residente, tale imposta va applicata sui soli beni del territorio italiano.
Imposte ipocatastali
Riguardo alle imposte ipocatastali la circolare chiarisce che le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza degli atti con cui il disponente effettua la dotazione di beni immobili o diritti reali immobiliari al trust, al momento della costituzione del vincolo, sono soggette alle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa. Parimenti misura fissa per le formalità e volture catastali eseguite in caso di sostituzione del trustee.
Invece, le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza di atti di attribuzione dei beni immobili o diritti reali immobiliari vincolati in trust ai beneficiari, realizzando l’effettivo trasferimento dei beni, scontano le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale .
Monitoraggio fiscale
La circolare fornisce chiarimenti sugli obblighi di monitoraggio alla luce delle modifiche apportate dal Dlgs n. 90/2017, che ha recepito la direttiva Ue n. 2015/849 superando in parte, i chiarimenti forniti con la circolare n. 38/2013.
I trust (“trasparenti” e “opachi”) residenti in Italia e non fittiziamente interposti, sono tenuti agli adempimenti di monitoraggio fiscale per gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria detenute.
In particolare, il trust trasparente residente deve adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale con l’indicazione del valore delle attività estere e della percentuale del patrimonio non attribuibile ai “titolari effettivi” residenti.
Con riferimento ai soggetti residenti beneficiari di trust ciò che rileva, secondo l’attuale disciplina, ai fini dell’attribuzione della qualifica di titolare effettivo è che siano «individuati o facilmente individuabili» e che, quindi, dall’atto di trust o da altri documenti, sia possibile, anche indirettamente, l’identificazione degli stessi. Nel caso di trust opaco estero, senza quindi beneficiari di reddito “individuati” in Italia ai sensi del Tuir, indipendentemente dallo Stato estero in cui è istituito, i beneficiari dello stesso risultano comunque riconducibili ai “titolari effettivi” ai sensi della normativa antiriciclaggio. Pertanto qualora nell’atto di trust opaco estero o da altra documentazione risultino perfettamente individuati i beneficiari dello stesso o facilmente individuabili questi ultimi se residenti in Italia sono soggetti all’obbligo di compilazione del quadro RW.
Ivie e Ivafe
Vengono, infine, forniti chiarimenti sull’applicazione dell’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (Ivie) e dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe) dovuta da trust residenti in Italia. La circolare ricorda le modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2020 all’ambito soggettivo di applicazione delle due imposte. La norma prevede che, a decorrere dal periodo d’imposta 2020, sono soggetti passivi di tali imposte, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici (e soggetti equiparati) residenti in Italia.
Pertanto, i trust residenti in Italia dovranno assolvere al pagamento di tali imposte per gli immobili e le attività finanziarie detenute all’estero dal 1° gennaio 2020.
Il primo versamento dell’Ivie e dell’Ivafe dovrà essere effettuato entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2020. Entro tale termine dovrà essere versato anche il primo acconto per le imposte relative al 2021.
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