Registro con aliquota al 3% per la pronuncia di risarcimento
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 06/06/2024
Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Agenzia Entrate del 06/06/2024
Le somme dovute alla controparte per inadempimento contrattuale sono escluse dal campo di applicazione dell’Iva
Corte di cassazione con l’ordinanza n. 10837 del 22 aprile 2024.
La sentenza con la quale un Tribunale accoglie una domanda di risoluzione contrattuale e condanna una società a pagare alla controparte una determinata somma a titolo di risarcimento del danno sconta l’imposta di registro con l’aliquota del 3% ai sensi dell’articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico dell’imposta di registro, Dpr n. 131/1986.
Il caso esaminato ha riguardato, come anticipato, una pronuncia di un Tribunale che aveva accolto la domanda di risoluzione di un contratto di appalto, concluso tra due società e avente come oggetto l’esecuzione dello smaltimento di rifiuti e la bonifica di una vasta area.
Contestualmente la società committente è stata condannata a versare alla controparte un’ingente somma (superiore a 24 milioni di euro) a titolo di risarcimento del danno, oltre agli interessi.
In sede di registrazione della sentenza emessa dal Tribunale, l’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate ha richiesto, oltre alle imposte fisse dovute per l’enunciazione del contratto di appalto e per la risoluzione dello stesso contratto, anche l’imposta proporzionale (3%) sull’importo dovuto a titolo di risarcimento danni e sui relativi interessi.
Entrambe le società coinvolte hanno impugnato l’avviso di liquidazione ritenendo che l’imposta di registro fosse dovuta soltanto in misura fissa, in considerazione del fatto che il contratto di appalto era stato sottoscritto tra due società e il corrispettivo pattuito era soggetto a Iva.
In particolare, le parti, giustificavano la loro posizione richiamando il principio di alternatività tra l’imposta di registro e Iva, sancito dall’articolo 40 del citato Dpr n. 131/1986.
In base a questo principio, in linea generale, una stessa operazione non può scontare sia l’Iva che l’imposta di registro in misura proporzionale. Di conseguenza, salve alcune eccezioni, nei casi in cui un’operazione rientra nell’ambito di applicazione della prima, l’imposta di registro sarà dovuta soltanto in misura fissa.
Chiaramente lo scopo di questo principio è, soprattutto, quello di evitare una doppia tassazione proporzionale in relazione alla medesima fattispecie impositiva.
Nel caso in esame l’ufficio ha ritenuto applicabile l’imposta proporzionale di registro tenuto conto che dalla sentenza del Tribunale risultava espressamente che la parte convenuta era condannata “a corrispondere all’attrice la somma di euro 24.595.822,30 a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi di mora nella misura legale…”.
Dalla pronuncia, pertanto, risultava di tutta evidenza, che le somme oggetto della condanna non rappresentavano il corrispettivo per la prestazione eseguita dalla società appaltatrice, ma costituivano un risarcimento per il danno contrattuale provocato dalla società committente.
In considerazione della natura di tali somme, si è, quindi, tenuto conto del disposto dell’articolo 15 del decreto Iva, Dpr n. 633/1972. Questa disposizione stabilisce che “Non concorrono a formare la base imponibile le somme dovute a titolo di penalità per ritardi o per irregolarità nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente”.
Le somme dovute a titolo di risarcimento del danno sono, pertanto, escluse dal campo di applicazione dell’Iva (risoluzione n. 24/2000). Conseguentemente, su tali somme l’imposta di registro va applicata in misura proporzionale.
La tesi dell’ufficio è stata accolta sia dalla Ctp di Milano (sentenza n. 782/2018) che dalla Ctr della Lombardia (sentenza n. 1179/2019). I giudici tributari, nel confermare la natura risarcitoria delle somme, hanno evidenziato che gli importi in questione erano finalizzati a reintegrare il patrimonio della parte attrice a fronte dell’inadempimento della controparte.
In senso conforme si è espressa la Corte suprema con la pronuncia in esame, confermando che “…anche se si tratta di un danno relativo a prestazioni soggette a Iva, la natura risarcitoria della condanna porta la fattispecie al di fuori del campo di applicazione dell’Iva”.
Con riferimento al caso specifico, l’ordinanza in esame ha sottolineato che le somme oggetto di condanna erano stabilite a titolo di risarcimento del danno emergente e si è specificato che il danno emergente derivante da un inadempimento contrattuale “….corrisponde all’immediata perdita economica causata al titolare del bene, in cui va compreso anche il valore economico della prestazione cui il creditore aveva diritto e che non ha ottenuto in conseguenza dell’inadempimento”.
Alla luce di ciò, preso atto dell’esclusione dall’ambito Iva delle somme relative al risarcimento del danno e della conseguente inapplicabilità del principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro, si è ritenuto corretto l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle entrate con applicazione dell’imposta proporzionale di registro.
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