Il prestito d’uso in oro è un contratto atipico, una sorta di finanziamento mediante la quale l’operatore del settore (azienda orafa) riceve un quantitativo di oro, da utilizzare nel processo produttivo.
Il vantaggio per l'azienda è quello di ricevere la materia prima senza dover sborsare il relativo importo, ma limitandosi al pagamento di un interesse.
Solitamente la banca concede una linea di credito specifica, il metallo prezioso è concesso in prestito sino alla concorrenza del fido accordato.
L’art. 709 della raccolta degli Usi e Consuetudini della Provincia di Vicenza definisce il Prestito d’uso come il “(...) contratto con il quale un soggetto, di solito una Banca, concede in uso ad un altro soggetto (azienda orafa) una certa quantità di metallo prezioso, comunemente oro, affinché questi lo utilizzi liberamente, nell’ambito della sua attività, con l’obbligo di rendere alla scadenza stabilita, la stessa quantità e qualità del bene ricevuto, nonché di pagare un corrispettivo per l’utilizzo”.
Il contratto de quo presenta molteplici caratteristiche proprie di alcuni contratti tipici, quali il contratto di mutuo, il contratto estimatorio, il contratto di comodato. Nella prassi si è soliti accomunare il contratto di prestito d’uso con il contratto di mutuo normato e disciplinato dall’art. 1813 cod. civ. tuttavia, tra le due tipologie contrattuali c'è una sostanziale differenza: nel contratto di mutuo il trasferimento della proprietà avviene alla consegna del denaro o di altri beni fungibili in favore del mutuatario, mentre nel prestito d’uso il passaggio della proprietà avviene quando si esercita l’opzione di acquisto da parte del prenditore.