Chirurgia estetica senza Iva se provato il fine terapeutico

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 05/12/2023

Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Agenzia Entrate del 05/12/2023


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L'onere documentale va assolto al momento della fatturazione e non è possibile farlo in contenzioso, fase in cui verrebbe violata la riservatezza dei pazienti, a vantaggio di un interesse economico privato


La Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, con la sentenza n. 889 del 27 ottobre scorso, ha chiarito che, nelle ipotesi di fatture emesse come esenti a seguito di prestazioni di chirurgia estetica, l'onere di provare l'esenzione Iva comporta, ove occorra, che il medico, al momento del pagamento della prestazione, richieda al paziente un consenso all'utilizzo della documentazione medica ai fini fiscali e che, in mancanza di consenso, provveda alla fatturazione con Iva.

La vertenza originava da tre avvisi di accertamento, con cui un ufficio marchigiano dell'Agenzia delle entrate recuperava a un medico l'Iva sulle prestazioni di chirurgia plastico-ricostruttiva rese per un triennio, oltre a un determinato importo ai fini delle imposte dirette, tenuto conto delle risultanze delle indagini finanziarie svolte a carico del professionista, stante la mancata giustificazione del versamento di un assegno di pari importo.
Il contribuente adiva la Ctp di Ascoli Piceno, impugnando congiuntamente gli avvisi di accertamento, ritenendo – per quanto interessa in questa sede – che le proprie prestazioni professionali avessero diritto all'esenzione dell'Iva, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, n. 18 del Dpr n. 633/1972, trattandosi di prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione, rese nell'esercizio di una professione sanitaria.
Nel costituirsi in giudizio, l'Agenzia delle entrate contestava le argomentazioni del professionista ritenendo, in particolare, che le prestazioni sanitarie consistenti nell'esecuzione di interventi chirurgici di plastica ricostruttiva fossero esenti dall'Iva solo se rispondessero a finalità terapeutiche, allo scopo di curare la salute psico-fisica, restando a carico del contribuente l'onere di provare la sussistenza dei presupposti dell'invocata esenzione (prova che, secondo l'Agenzia, non era stata fornita per le prestazioni mediche in questione).
La Commissione di prime cure respingeva il ricorso, per quanto concerne la questione principale riguardante l'asserita non assoggettabilità a Iva delle prestazioni mediche in questione.
Il contribuente proponeva appello, ribadendo sostanzialmente le motivazioni e le richieste formulate in primo grado e l'Amministrazione finanziaria resisteva in giudizio.
 

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