Codatorialità e avvalimento tratti tipici e inquadramento Iva
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 30/05/2025
Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 30/05/2025

Quando più datori di lavoro condividono in rete lo stesso lavoratore e quando un’impresa mette propri dipendenti a disposizione di un altro soggetto in una gara pubblica
Peculiari modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che, superando il rigido modello tradizionale, garantiscono maggiore flessibilità nell’esercizio dell’attività di impresa e per il perseguimento delle finalità pubbliche.
Tali modalità si traducono in operazioni che, al ricorrere dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale stabiliti dal decreto Iva (Dpr n. 633/1972), costituiscono prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’imposta.
Al riguardo, la recente circolare n 5/E del 16 maggio 2025, nel fornire istruzioni operative conseguenti all’abrogazione del comma 35 dell’articolo 8 della legge n. 67/1988 (legge finanziaria 1988), si è soffermata sull’analisi dei presupposti Iva relativi non solo al distacco di personale – le cui operazioni rientrano nella norma oggetto di abrogazione – ma anche ad altre modalità di utilizzo “flessibile” del personale dipendente, quali la codatorialità e l’avvalimento.
Regime di codatorialità
La codatorialità si attua secondo due distinte forme:
- quella “atipica”, elaborata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento ai gruppi di imprese, nella quale “in presenza di un’utilizzazione promiscua della forza lavoro da parte delle diverse società del gruppo, queste possono essere considerate codatrici del medesimo lavoratore, secondo lo schema della obbligazione soggettivamente complessa” (cfr Cassazione, sentenza n. 267/2019)
- quella “tipica”, in quanto prevista dall’articolo 30 del decreto legislativo n. 276/2003, realizzata tra imprese che abbiano stipulato un contratto di rete, nel quale siano definite, tra le altre, le regole di ingaggio del personale posto a fattor comune tra le imprese retiste. In tal caso si realizza il potenziale coinvolgimento di tutte le imprese appartenenti alla rete in veste di datore di lavoro. Ciò al fine di soddisfare l’interesse della rete rappresentato dal programma comune, alla cui realizzazione provvedono in modo stabile tutte le imprese retiste con i rispettivi dipendenti (vedi risposta n. 136/2025).
In entrambi i casi, i principali tratti distintivi della codatorialità, come individuati dalla suprema Corte, attengono sia alla natura strutturalmente “complessa” della parte datoriale – connessa al fatto che uno stesso dipendente presta contemporaneamente servizio in favore di diversi datori di lavoro – sia al regime di responsabilità solidale che, ai sensi dell’articolo 1294 del codice civile, lega i fruitori dell’attività del lavoratore per le obbligazioni a essa connesse (cfr Cassazione, sentenze nn. 1168/2015 e 3899/2019).
Con particolare riferimento ai casi di codatorialità concordata in un contratto di rete, stante la qualità sostanziale di datore di lavoro assunta da ciascuna impresa retista che vi aderisce e il conseguente regime di responsabilità solidale che ne consegue:
- ciascuna impresa resta responsabile del pagamento degli oneri, quali la retribuzione e i relativi contributi previdenziali, legati all’utilizzo del singolo lavoratore
- il pagamento “per intero” effettuato da una delle imprese retiste “referente” – sulla quale, per meri motivi organizzativi, sono accentrati gli adempimenti connessi alla gestione del rapporto di lavoro – legittima la medesima ad agire in regresso nei confronti delle altre imprese codatrici, per il recupero pro-quota dei predetti oneri, in ragione della fruizione dell’attività del dipendente da parte di ciascuna di esse.
La conseguenza di tali premesse è che, a prescindere dalla veste giuridica assunta dalla rete, i pagamenti degli addebiti pro-quota, effettuati tra le imprese codatrici in funzione dell’utilizzo dei lavoratori a esse direttamente e analiticamente imputabile, costituiscano una mera cessione di denaro, da considerare fuori campo Iva (articolo 2, terzo comma, lettera a), decreto Iva).
Nella misura in cui l’ammontare complessivo di tali riaddebiti copra il mero sostenimento del costo del personale oggetto di codatorialità, senza alcuna remunerazione aggiuntiva, ciascuna delle imprese retiste in regime di codatorialità è posta, infatti, nella medesima situazione in cui si sarebbe trovata se avesse assunto in via autonoma il lavoratore dipendente, fattispecie che, di per sé, non è rilevante ai fini dell’Iva.
Ai fini della corretta imputazione del costo del personale tra le imprese codatrici rilevano le annotazioni sul libro unico del lavoro, riguardante l’impiego orario del lavoratore in codatorialità presso ciascun datore di lavoro, da effettuare ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali n. 205/2021.
Avvalimento tra imprese
Le origini dell’avvalimento affondano in un risalente pronunciamento della Corte di giustizia Ue che, in relazione a una controversia concernente la procedura di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, ritenne compatibile, con l’impianto comunitario, ammettere “per la valutazione dei criteri cui deve soddisfare un imprenditore all’atto dell’esame di una domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica dominante di un gruppo, di tener conto delle società che appartengono a tale gruppo, purché la persona giuridica di cui è causa provi di aver effettivamente a disposizione i mezzi di dette società necessari per l’esecuzione degli appalti” (Cgce, 14 aprile 1994, C-389/92).
Già dai primordi dell’elaborazione giurisprudenziale e ancor più a seguito della prima codificazione dell’istituto a livello comunitario, avvenuta con la direttiva 2004/18/Ce, la ratio dell’avvalimento è stata quella di consentire la massima partecipazione alle gare pubbliche, permettendo ai concorrenti, privi dei requisiti richiesti dai bandi, di ricorrere alle competenze possedute da soggetti terzi. Ciò al fine di incentivare l’ingresso sul mercato di nuovi operatori e, quindi, di garantire tanto la concorrenza, quanto una più elevata possibilità per le imprese di piccole e medie dimensioni di aggiudicarsi la gara.
Nello stesso solco e in linea con la più recente disciplina unionale in materia (ossia quella contenuta nella direttiva 2014/24/Ue) si pone il recente articolo 104 del codice dei contratti pubblici, che, al primo comma, definisce l’avvalimento come “il contratto con il quale una o più imprese ausiliarie si obbligano a mettere a disposizione di un operatore economico che concorre in una procedura di gara dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto”.
Così inteso, il contratto di avvalimento, da stipulare in forma scritta, indicando in modo specifico le risorse messe a disposizione del soggetto avvalente (ivi compreso il personale oggetto di avvalimento), non implica la sussistenza di peculiari legami tra il primo e l’impresa ausiliaria avvalsa.
Detto ciò, la messa a disposizione di personale per mezzo del richiamato contratto di avvalimento, se effettuata a titolo oneroso, costituisce una prestazione di servizi rilevante ai fini dell’Iva, a condizione che risultino congiuntamente soddisfatti anche i requisiti soggettivo (in capo all’impresa ausiliaria avvalsa) e territoriale.
In assenza di specifico corrispettivo, invece, l’avvalimento è da ritenersi non oneroso – e pertanto fuori dal campo di applicazione dell’Iva per mancanza del presupposto oggettivo – anche qualora sussista un interesse di natura patrimoniale in capo all’impresa ausiliaria avvalsa.
Avvalimento tra pubbliche amministrazioni
Il ricorso all’istituto dell’avvalimento è frequente anche nei rapporti tra soggetti qualificabili come pubbliche amministrazioni.
In tal caso, una data amministrazione, anziché dotarsi di una struttura propria per lo svolgimento della funzione a essa assegnata, si avvale degli uffici di altro ente, senza tuttavia delegare a quest’ultimo la funzione medesima.
Le peculiarità proprie di questa forma di avvalimento sono, da un lato, l’assenza di modifiche nel rapporto di impiego – in quanto il personale dell’ente che fornisce la struttura necessaria allo svolgimento del compito resta incardinato in quest’ultimo a tutti gli effetti – e, dall’altro, la fonte istitutiva, solitamente rappresentata da specifiche disposizioni di legge con relativi protocolli d’intesa.
Per dette operazioni il requisito soggettivo si considera sempre soddisfatto, qualora il soggetto avvalso sia una società “in house” costituita in una delle forme giuridiche di cui all’articolo 4, secondo comma, n. 1), del decreto Iva, quali, ad esempio, una società per azioni o in accomandita per azioni, oppure una società cooperativa.
In merito alla presenza del requisito oggettivo, invece, occorre verificare:
- se le disposizioni normative o i protocolli d’intesa che disciplinano l’avvalimento di personale prevedano l’erogazione di risorse finanziarie da parte dell’amministrazione pubblica avvalente in favore del soggetto avvalso
- in subordine, se tale erogazione costituisca il “corrispettivo” di cui all’articolo 3, primo comma, del decreto Iva.
A quest’ultimo fine, in base ai criteri individuati con la circolare n. 34/2013, rileva, in primo luogo, l’esatta qualificazione dell’erogazione – come “contributo”, oppure come “corrispettivo” – da parte delle specifiche fonti istitutive. In mancanza di detta specifica qualificazione, l’erogazione delle risorse finanziarie in favore del soggetto avvalso sarebbe da considerarsi “corrispettivo” nella misura in cui, per le operazioni in oggetto, l’amministrazione si avvalga dei risultati derivanti dalla attività per la quale sono erogate le somme (“vantaggio diretto”).
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