Commercio internazionale dei servizi legati ai beni immateriali

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 09/09/2023

Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 09/09/2023


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Profit shifting e beni intangibili, analisi della Banca d'Italia di una strategia fiscale


Pubblicato sul sito di Banca d’Italia l’elaborato, “Trade in services related to intangibles and profit shifting hypothesis”, un focus sul commercio internazionale dei servizi legati ai beni immateriali e ai prodotti di proprietà intellettuale (IPP), tra cui ad esempio i brevetti, le licenze, il copyright o i marchi registrati, così come i prodotti software, i CD, gli articoli di giornale, le notizie radiofoniche o i conti bancari

Tra i temi di discussione trattati di recente da Bankitalia ampio spazio è riservato all’analisi delle correlazioni tra gli scambi e le transazioni tra le imprese che operano nel settore dei beni e servizi intangibili e il fenomeno del profit shifting.

L’elaborato, “Trade in services related to intangibles and profit shifting hypothesis”, pubblicato sul sito della Banca d’Italia, si concentra sul commercio internazionale dei servizi legati ai beni immateriali e ai prodotti di proprietà intellettuale (IPP), tra cui ad esempio rientrano i brevetti, le licenze, il copyright o i marchi registrati, così come i prodotti software, i CD, gli articoli di giornale, le notizie radiofoniche o televisive, i titoli di qualsiasi genere, i biglietti aerei, i conti bancari e le polizze assicurative. In particolare, i ricercatori hanno investigato su come e in che misura questa tipologia di commercio possa essere impiegata come canale preferenziale per spostare i profitti delle imprese multinazionali verso i paradisi fiscali.
In pratica, utilizzando i dati di un'indagine sulle imprese italiane, l’elaborato fornisce un'analisi geografica e settoriale del commercio italiano di servizi IPP e dei suoi eventuali collegamenti col fenomeno del profit shifting. Lo studio fissa anche una stima dell'ammontare dei profitti spostati all'estero dalle imprese di proprietà estera osservate all’interno del campione selezionato per l’indagine.

La metodologia applicata è quella inizialmente proposta da Tørsløv et al. (2018). Dall’istantanea scattata dai ricercatori emerge una correlazione complessiva generalmente bassa tra commercio nel settore degli intangibili e profit shifting, tale dinamica infatti interesserebbe solo un piccolo gruppo di aziende.

Cos’è il Profit Shifting
Prima di approfondire chiariamo che col termine profit shifting si indica una complessa e variegata strategia di natura fiscale di rilevanza internazionale attuata da al fine di traslare i profitti da Paesi ad alta tassazione a giurisdizioni a imposizione ridotta o nulla. Un fenomeno che, in concomitanza con il boom della cosiddetta knowledge economy con al centro internet, i servizi online, le reti e le piattaforme web, ha registrato un incremento.

Il capitale e i guadagni immateriali

Oggetto del profit shifting sono generalmente tutti i guadagni che rientrano nella remunerazione dei beni immateriali, cioè i compensi e le royalties pagati da un utente di prodotti di proprietà intellettuale al proprietario straniero di tali prodotti o servizi. Tale voce, cioè i guadagni immateriali, rientra inoltre nel "commercio di servizi". Quando tali scambi e/o transazioni avvengono tra aziende appartenenti allo stesso gruppo multinazionale, può diventare un canale per delocalizzare parte dei proventi pagati dai clienti sul conto del proprietario, un trasferimento che si verifica soprattutto quando quest'ultimo risiede in giurisdizioni caratterizzate da regimi fiscali più favorevoli. In pratica, l’avvento del cosiddetto capitale immateriale ha consentito di realizzare tale pratica in modo più rapido ed economico, rispetto ad altri canali come, ad esempio, il transfer pricing sui beni e i servizi.

Il campione d’imprese oggetto d’indagine e la quota di import/export di beni intangibili con il coinvolgimento di paradisi fiscali

L'analisi sviluppata in questo lavoro si basa su un campione di 2.600 imprese non finanziarie italiane su un arco temporale di cinque anni (2013-2017). Analizzando i volumi di import/export nel corso del periodo indicato e delle relative transazioni e flussi di guadagni immateriali, i ricercatori individuano come il 32% delle esportazioni di beni e servizi immateriali è destinato ad aziende stabilite in paradisi fiscali. In maggioranza si tratta di giurisdizioni europee, il 30%. Sul versante delle importazioni il dato cresce perché beni e servizi provengono nel 43% dei casi da paradisi fiscali. In questo caso, il 36% proviene da Stati-membri Ue.

Quanto pesa il profit shifting? All’incirca 4,5mld di euro

Secondo l’indagine il campione di aziende analizzato conduce in media il 30% dei profitti in giurisdizioni a bassa o nulla tassazione ricorrendo al profit shifting tramite il canale dell’import/export del commercio di beni e servizi di beni e servizi intangibili tra società-madre e società controllata o affiliata in paradisi fiscali.

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