COMPRAVENDITA OPERE D'ARTE IL FISCO DISTINGUE IL COMMERCIANTE DALL'AMATORE
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 02/10/2019
Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 02/10/2019
Solo il primo genera reddito d’impresa, in quanto svolge abitualmente un’attività commerciale anche in assenza di un’organizzazione imprenditoriale
Per inquadrare correttamente la tassazione sulla vendita di opere d’arte, occorre distinguere la figura del mercante d’arte che effettua un commercio abituale dei beni, quella del venditore occasionale e quella dell’amatore. Il mercante d’arte produce reddito d’impresa, in quanto svolge professionalmente e abitualmente un’attività intermediaria di circolazione dei beni, anche in assenza di un’organizzazione imprenditoriale per trarre profitto (articolo 2195 del codice civile).
Anche gli acquisti saltuari di opere d’arte da parte di persone fisiche finalizzati a successive cessioni a scopo di lucro, possono generare “redditi diversi” ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera i) del Tuir, ma solo se sussiste la connessione di una pluralità di atti preordinati al conseguimento di un reddito.
In sostanza può essere soggetta a tassazione l’operazione di colui che compra e rivende un’opera d’arte con finalità speculativa. Al riguardo, anche la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che se la compravendita di oggetti di antiquariato genera un importo rilevante, il requisito della frequenza è trascurabile e l’operazione avrà rilievo ai fini fiscali (Cassazione, sentenze n. 2711/2006 e n. 8196/2008).
Mentre l’attività amatoriale come, ad esempio, quella del privato che vende beni ricevuti a seguito di donazione o di eredità non sarà soggetta ad alcuna imposizione. Qui infatti non c’è una pluralità di atti collegati e preordinati al conseguimento di un reddito, pertanto questa figura, così come il collezionista, è irrilevante ai fini reddituali.
Attualmente le fattispecie interessate alla tassazione sono solo quelle indicate nel Tuir. La precedente normativa, invece, assoggettava a Irpef “le plusvalenze conseguite mediante operazioni poste in essere con fini speculativi e non rientranti fra i redditi d'impresa” (articolo 76, Dpr n. 597/1973) e considerava, per presunzione assoluta, eseguiti con fini speculativi, l'acquisto e la vendita di oggetti d'arte, di antiquariato e in genere da collezione, se il periodo intercorso tra l'acquisto e la vendita non era superiore a due anni.
Il Testo unico delle imposte sui redditi, invece, è improntato a un’elencazione delle fattispecie fiscalmente rilevanti ma tra queste, non figurano le cessioni di opere d’arte.
Non sempre, comunque, la distinzione tra attività amatoriale e attività d’impresa è scontata e numerosi sono i casi, definiti dalla giurisprudenza o dalla prassi, che hanno avuto ad oggetto la qualificazione del venditore di un’opera d’arte. L’Agenzia delle entrate, ad esempio, ha stabilito che non svolge un’attività commerciale l’associazione che vende all’asta opere d’arte, ricevute in donazione , allo scopo di assicurare all'ente le risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento delle attività cui è preposto (risoluzione n. 5/2001).
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