DEPOSITO IN ITALIA: SERVE IL RAPPRESENTANTE FISCALE

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 07/05/2018

Autore: Vedi Articolo Fonte: Il Sole 24 Ore del 07/05/2018


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Soggetto UE acquista da Extra Ue materie prime spedite in Italia per essere introdotte in un deposito doganale in attesa di essere cedute “allo stato estero” a clienti finali  italiani


Di per sé l’immissione dei beni nel deposito doganale e la loro successiva cessione “allo stato estero” non comporterebbero obblighi ai fini Iva in capo al cedente comunitario non residente, trattandosi di operazioni non territorialmente rilevanti.

Il discorso però muta, ai fini Iva, quando i beni depositati siano immessi in libera pratica e successivamente venduti.

Nella fattispecie, è presumibile che il deposito cui si fa riferimento nel quesito operi anche come deposito Iva, istituito e disciplinato dall’articolo 50–bis del Dl 331/1993. Com’è noto, l’introduzione delle merci nel deposito Iva comporta che l’assolvimento dell’imposta sia differito al momento della loro estrazione dal deposito per l’immissione in consumo nello Stato. In base al comma 7 del citato articolo 50–bis, l’immissione in libera pratica di beni destinati a un deposito Iva da parte di un operatore comunitario non residente richiede la nomina di un rappresentante fiscale in Italia (o l’identificazione diretta)

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