ERRONEA APPLICAZIONE DEL REGIME FORFETTARIO E REGOLARIZZAZIONE
Recensione di Roberto Castegnaro Pubblicata il 27/11/2019
Autore: Vedi Articolo Fonte: Agenzia Entrate del 27/11/2019
Fatture emesse erroneamente senza IVA per errata applicazione regime forfetario come rimediare
Con le risposte a due interpelli, rispettivamente la n. 499/2019 e la n. 500/2019, l’Agenzia delle entrate fornisce dei chiarimenti su due questioni sorte a seguito di indebita fruizione del regime forfetario.
In entrambi i casi esaminati, l’istante, ritenendo erroneamente di avere i requisiti per beneficiare del regime forfetario, ha emesso quattro fatture senza addebito di Iva e senza esporre la ritenuta d'acconto. Dopo essersi accorto dell’errore, ha emesso alcune note di variazione in diminuzione elettroniche a storno delle fatture e ha inoltre emesso le nuove fatture elettroniche, che però sono state rifiutate dal cliente.
L’Agenzia in entrambi i documenti di prassi ricorda brevemente che il regime forfetario prevede una serie di benefici e semplificazioni contabili (fra cui la possibilità di non esercitare la rivalsa ai fini Iva e di non essere tenuti alla ritenuta d'acconto), riconosciuti ai contribuenti che conseguono ricavi o compensi non oltre 65mila euro.
In caso di indebita fruizione di tale regime, il contribuente può rimediare all’errore:
a) emettendo e trasmettendo al committente note di variazione in aumento, ad integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l'Iva da versare all'erario ed esponendo la ritenuta d'acconto (articolo 26, comma 1, Dpr n. 633/1972)
b) emettendo e trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l'Iva da versare all'erario ed esponendo la ritenuta d'acconto (articolo 26, comma 2, Dpr n. 633/1972).
Nei due documenti di prassi, l’istante racconta di aver sanato la propria posizione emettendo correttamente le note di variazione in diminuzione a storno delle precedenti fatture e, di conseguenza, secondo l’Agenzia, il rifiuto del cliente non è giustificato.
Con specifico riferimento alla richiesta di poter compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d’acconto non versate dal sostituto d’imposta (risposta n. 499), l’Agenzia rileva che, avendo il cliente rifiutato le note di variazione in diminuzione emesse a storno del documento originario, nonché le nuove fatture su cui è stata esposta la ritenuta d’acconto, non è stata di fatto operata alcuna ritenuta. Di conseguenza l’istante, non potendo vantare alcun credito, non avrà neanche la possibilità di compensarlo.
Riguardo la questione dell’Iva addebitata a titolo di rivalsa e non incassata (risposta n. 500), l’Agenzia ricorda che il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e versa la relativa imposta (articolo 17, comma 1, del Dpr n. 633/1972) ha l'obbligo di addebitare l’imposta a titolo di rivalsa al cessionario o al committente (articolo 18, comma 1, del Dpr n. 633/1972).
L’esercizio della rivalsa trova concreta applicazione attraverso l’addebito dell’Iva nella fattura.
Gli adempimenti che si susseguono riguardano, quindi, i rapporti:
- Amministrazione finanziaria e cedente/prestatore, per il pagamento dell'imposta
- cedente/prestatore e cessionario/committente, per la rivalsa
- Amministrazione finanziaria e cessionario/committente, per la detrazione dell'imposta assolta in via di rivalsa.
L’Agenzia rileva che l'effettiva riscossione del credito Iva da parte del cedente/prestatore è ininfluente per il meccanismo dell’Iva e l’obbligo di versare l’imposta indicata nella fattura sorge al momento dell’emissione dello stesso documento. Ciò in quanto, in materia di Iva, il rapporto tributario pubblicistico si instaura esclusivamente tra il cedente/prestatore e l'Amministrazione finanziaria.
La rivalsa, invece, si effettua sulla base di un rapporto di natura non tributaria, ma privatistica, diverso da quello tra cedente/prestatore e Amministrazione finanziaria (vedi anche Cassazione, sentenze n. 17174/2015 e n. 24794/2005).
Conseguentemente, la possibilità di recuperare l’Iva versata dall’istante a seguito dell’emissione delle nuove fatture e addebitata a titolo di rivalsa, ma non versata dal committente, non è una soluzione prevista dal sistema fiscale, salvo che non si instauri una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa (articolo 26, comma 2, Dpr n. 633/1972).
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