GARANTE PRIVACY E POSTA ELETTRONICA

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  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 16/02/2024

Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Internet del 16/02/2024


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Provvedimento del 21 dicembre 2023 - Documento di indirizzo “Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati”

 


3. La disciplina di settore in materia di controlli a distanza

L’art. 4, comma 1, l. 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dal d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151, individua tassativamente le finalità (ovvero quelle organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale) per le quali gli strumenti, dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere impiegati nel contesto lavorativo, stabilendo precise garanzie procedurali (accordo sindacale o autorizzazione pubblica).

Le predette garanzie non trovano invece applicazione “agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”, così come “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” (art. 4, comma 2, l. n. 300/1970). Tale disposizione introduce un’eccezione, rispetto al più restrittivo regime previsto dal comma 1, e deve, pertanto, essere oggetto di stretta interpretazione, considerate le responsabilità anche sul piano penale che possono derivare dalla violazione del predetto quadro normativo. Per scelta espressa del legislatore, solo gli strumenti preordinati, anche in ragione delle caratteristiche tecniche di configurazione, alla “registrazione degli accessi e delle presenze” e allo “svolgimento della prestazione” non soggiacciono quindi ai limiti e alle garanzie di cui al primo comma, in quanto funzionali a consentire l’assolvimento degli obblighi che discendono direttamente dal contratto di lavoro, vale a dire, la presenza in servizio e l’esecuzione della prestazione lavorativa.

Alla luce delle disposizioni richiamate, l’attività di raccolta e conservazione dei soli c.d. metadati necessari ad assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema della posta elettronica, per un tempo che, all’esito di valutazioni tecniche e nel rispetto del principio di responsabilizzazione - affinché sia ritenuto applicabile il comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970 – non può essere superiore di norma a poche ore o ad alcuni giorni,  in ogni caso non oltre sette giorni,  estensibili, in presenza di comprovate e documentate esigenze che ne giustifichino il prolungamento, di ulteriori 48 ore (v. provv.ti nn. 303 del 13 luglio 2016, doc. web n. 5408460; 1° febbraio 2018, n. 53, doc. web n. 8159221; 29 ottobre 2020, n. 214, doc. web n. 9518890; 29 settembre 2021, n. 353, doc. web n. 9719914).

Diversamente, la generalizzata raccolta e la conservazione di tali metadati, per un lasso di tempo più esteso – ancorché sul presupposto della sua necessità per finalità di sicurezza informatica e tutela dell’integrità del patrimonio, anche informativo, del datore di lavoro -, potendo comportare un indiretto controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, richiede l’esperimento delle garanzie previste dall’art. 4, comma 1, della predetta l. n. 300/1970 (v., da ultimo, provv. 1° dicembre 2022, n. 409, doc. web n. 9833530). Resta fermo che anche tale conservazione dovrà avvenire nel rispetto del principio di limitazione della conservazione (v. successivo punto 4.2.).

4. Le possibili responsabilità per i datori di lavoro pubblici e privati

4.1 Illiceità del trattamento

In considerazione del richiamato quadro giuridico, l’impiego dei predetti programmi e servizi di gestione della posta elettronica, in assenza dell’espletamento delle procedure di garanzia di cui all’art. 4, comma 1, della l. n. 300/1970, prima di dare avvio alla preventiva e sistematica raccolta dei metadati relativi all’utilizzo della posta elettronica da parte dei dipendenti, e alla conservazione degli stessi per un ampio arco temporale (superiore a sette giorni estensibili di ulteriori 48 ore , alle condizioni indicate al par. 3), si pone in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali e con la richiamata disciplina di settore, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 88, par. 1, del Regolamento, nonché 114 del Codice (in relazione all’art. 4, comma 1, della l. n. 300/1970).

Altri profili di illiceità possono poi derivare dall’utilizzo ulteriore dei dati personali, raccolti in assenza delle predette garanzie. Ciò in quanto l’art. 4, comma 3, consente di utilizzare, per  le finalità connesse alla gestione del rapporto di lavoro, solo le informazioni già lecitamente raccolte nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dai commi 1 e 2 e, dunque, nei limiti in cui l’originaria raccolta sia stata lecitamente effettuata (cfr. provv.ti 28 ottobre 2021, n. 384, doc. web n. 9722661, e 13 maggio 2021, n. 190, doc. web n. 9669974).

Inoltre, dagli elementi ricavabili dai dati esteriori della corrispondenza, come l’oggetto, il mittente e il destinatario e altre informazioni che accompagnano i dati in transito, definendone profili temporali (come la data e l’ora di invio/ricezione), nonché dagli aspetti quali-quantitativi anche in ordine ai destinatari e alla frequenza di contatto (in quanto anche questi dati sono, a propria volta, suscettibili di aggregazione, elaborazione e di controllo), è possibile acquisire informazioni riferite alla sfera personale o alle opinioni dell’interessato.

Sotto  tale profilo, si ricorda che, fin dal 1970, al datore di lavoro pubblico e privato è fatto divieto di “effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore” (v. art. 8 della l. n. 300/1970 e art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, richiamati espressamente dall’art. 113 del Codice). La generalizzata raccolta e la conservazione dei metadati relativi all’utilizzo della posta elettronica da parte dei dipendenti, per un periodo di tempo esteso, in assenza di idonei presupposti giuridici, può, dunque comportare la possibilità per il datore di lavoro di acquisire, informazioni non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.

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