Il canone d’affitto va nel reddito soltanto di chi lo intasca

[Normativa incerta]

  Recensione di Roberto Castegnaro     Pubblicata il 07/05/2022

Autore: Testo di Legge Circ. Risoluzione Fonte: Agenzia Entrate del 07/05/2022


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Sembra un cambio di rotta della giurisprudenza rispetto alle posizioni dell'agenzia entrate


Per la Ctr Lazio, che richiama la Cassazione, è ammissibile un'autonoma imputazione del reddito rispetto al titolo reale di possesso, ove ne risulti concretamente differenziata la percezione.

È possibile, infatti, attribuire il reddito non solo a un soggetto del tutto diverso rispetto al legittimo proprietario, ma anche solo ad alcuni dei comproprietari, che risultino effettivi locatori e percettori dei redditi di locazione.
Così si è espresso il Collegio, con la sentenza n. 1733 del 12 aprile 2022.

I fatti e il processo di primo grado

Una contribuente, comproprietaria della metà di un immobile sito in Roma, aveva stipulato un contratto di locazione commerciale con una srl. Successivamente, aveva presentato il modello Unico, relativo all'anno in questione, dichiarando il 50% del reddito di locazione.
L'Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento, richiedendo il pagamento dell'Irpef sull'intero canone, attesa la dichiarazione dell'interessata, qualificatasi quale proprietaria dell'immobile.
La contribuente adiva la Ctp di Roma che, nel respingere il ricorso, dichiarava che fosse corretto ritenere obbligato a dichiarare il reddito di locazione il solo comproprietario che lo avesse effettivamente percepito (e, quindi, il locatore effettivo).
Pertanto, la contribuente si rivolgeva al Collegio d'appello, sostenendo che la stessa Agenzia delle entrate, con la circolare n. 20/2012, aveva chiarito che i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale che e tale assunto valeva anche in caso di locazione.

La sentenza della Ctr

I giudici laziali, nel respingere la prospettazione dell'appellante, richiamano l'orientamento interpretativo della Cassazione, espresso con la sentenza 3085/2016, secondo cui l'articolo 26 del Tuir deve essere letto in correlazione con il precedente articolo 25, il quale definisce i redditi fondiari identificandoli in quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti nel catasto. In effetti, tali redditi sono quantificabili sulla base delle risultanze catastali, pertanto, sono oggetto di imposizione non in ragione del criterio dell'effettiva ricchezza prodotta, bensì del criterio dell'astratta potenzialità a produrre reddito, a prescindere dal concreto realizzarsi del reddito stesso e dalla sua reale entità.
Quindi, osserva la Ctr, ad avviso della Cassazione, il motivo per il quale nell'articolo 26 del Tuir è adoperata la locuzione “indipendentemente dalla percezione” è dato dall'esigenza di indicare il criterio del concorso di detti cespiti alla formazione del reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, ma non quella dì identificare i soggetti ai quali tali redditi devono essere imputati.
Conseguentemente, in questa categoria non possono rientrare i “redditi derivanti da contratto di locazione”.

Reddito fondiario e reddito di locazione
Ciò posto – precisa la Ctr – la diversità ontologica tra reddito fondiario e reddito di locazione assume particolare rilievo.
Infatti, secondo la Corte suprema, “Non vi è dubbio quindi che ai fini della disciplina del reddito derivante da contratto di locazione non possa essere applicata la regola che deriva dalla formula <<indipendentemente dalla percezione>>, che il legislatore ha inteso riservare (per le ragioni di cui già si è detto) a riguardo dei soli redditi fondiari. Sul punto concorda anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15171 del 26/06/2009, sebbene con un sintetico, ma non per questo meno chiaro e pregnante, accenno”.
Orbene, risulta applicabile al caso in commento la regola generale dell'articolo 1 Tuir, per cui è presupposto di imposta “il possesso di redditi in danaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6”, essendo pacificamente ammissibile una “autonoma imputazione del reddito di locazione rispetto al titolo reale di possesso ove ne risulti concretamente differenziata la percezione, non essendoci ostacolo alcuno ad attribuire il reddito derivante dalla concessione in locazione non solo in capo a soggetto del tutto diverso dal legittimo proprietario (cfr Cass. 19166/2003) ma anche in capo ad alcuni soltanto dei comproprietari che risultino essere effettivi locatari e percettori dei redditi che dalla locazione derivano.
Atteso il chiaro orientamento espresso dalla giurisprudenza più autorevole, la Ctr laziale non ha potuto che applicare i principi di diritto di riferimento.

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